A mo' di premessa
Ogni dieci anni circa, e spesso a mia insaputa, riprendo in un romanzo un tema che già in passato avevo trattato e, curiosamente, me ne accorgo solo quando il romanzo è terminato.
È così che ho utilizzato più volte in varie età - quindi da un punto di vista differente - il tema della coppia, dell'isolamento, della solitudine, dell'incomunicabilità, del padre e del figlio, del decadimento, della paura...
Oggi che ho sessantacinque anni e che mi vengono poste delle domande riguardanti tutte più o meno la paura, rimpiango solo di non potervi rispondere sotto forma di romanzo, la sola che mi sia familiare, poiché non sono molto abile nel precisare le mie idee.
(L'unica mia passione è stata la paura)
Ma saranno poi idee? Direi piuttosto le mie intuizioni. Credo, sento, che il primo sentimento dell' animale umano, come quello degli altri animali, quello che persiste con più forza, che genera forse tutti gli altri, è la paura. Una paura quasi mistica dapprima, quella che provavo, all'età di quattro o cinque anni, quando vedevo il sole declinare e il paesaggio immergersi poco a poco in una luce fredda, minacciosa, come se il sole non avesse dovuto riapparire mai più.
Ho visto di volta in volta i miei quattro figli provare questo malessere e ho potuto osservarlo più tardi presso gli animali, i cani, le galline e i galli, pietrificati sul trespolo.
Non è forse in questo fenomeno che si potrebbe trovare la ragion d'essere della coppia, più ancora che nell'istinto di riproduzione?
correlato http://www.youtube.com/watch?v=zFkhQ4vQvgI