1992 / 2012
Un'attività politica ha sempre avuto in sé qualcosa di inquietante. Di profondamente umano e di disumano ad un tempo.
Perché il politico è più di ogni altro in rapporto con gli uomini, conosce e manipola i loro bisogni, i loro sogni, le loro speranze, le loro aviditd, le loro ambizioni, i loro odi. Ne é il padrone. Ma, nello stesso tempo, è attraversato, ferito da tutte queste passioni che modificano in modo irreversibile il suo essere.
Ricordo il comizio di un uomo politico mio amico. Era circondato da contestatori che hamno continuato a urlare e ad insultarlo per tutto il tempo. Lui era una persona per bene, diceva delle cose sagge. Ma gli altri non ascoltavano, erano li solo per fargli del male. Mi sono chiesto come doveva sentirsi alla fine di quel suo giro elettorale che si era trasformato in un calvario. Con mia somma sorpresa l’ho trovato sorridente. Da allora ho sempre guardato con ammirazione i grandi politici. Non passa giorno che non debbano subire uragani di critiche e di accuse, E devono a loro volta farne, attaccare a freddo, in una continua, incessante schermaglia. Sono come dei pugili, dei gladiatori. Ma tutte le ferite che danno e che ricevono sono morali, none fisiche. Che qualità deve avere un essere umano per resistere a tante pressioni morali? Può conservare la sua freschezza d’animo, la sua sincerità, il suo ottimismo, e costretto a costruire attomo sé una corazza di indifferenza, di cinismo in modeo che niente in realtà lo tocchi?
Mi viene in mente il volto di Nixon durante l'ultima sua campagna elettorale. Un volto perennemente sorridente, ma in cui il sorriso era come stampato, una deformazione dei muscoli che credevano pid fidati. Quando hanno fatto grandi cose non hanno visto il loro merito riconosciuto. Hanno imparato ad utilizzare e sfruttare le debolezze degli uomini, i loro vizi. Per questo, forse, in molti di loro, nei più navigati e nei più esperti, si nota una profonda sfiducia negli uomini, quasi un disprezzo.
Che cosa, allora, li spinge ad agire, a battersi? La pura smania del potere? No, non credo. C’é, nei più grandi di loro, accanto alla delusione per gli esseri umani, una misteriosa passione. Una passione totale come l’amore, come il gioco, come la droga. Ma il loro grande amore, non è un individuo, nessun individuo. E’ la collettività stessa.
Il politico é identificato con la collettività, la ama e vuol esserne riamato, la guida e nello stesso tempo se ne sente lo strumento, il servitore. E ne ricava una energia straordinaria, un eccitamento indicibile, che lo porta a resistere ad ogni affronto, e a superare, talvolta, il confine fra il bene ed il male.
di Francesco Alberoni