La nostra, nel Potame Busento, è un'impresa, nel senso etimologico di intrapresa; non un'azienda chiusa in spazi e regole definit, con l'orologio marcatempo all'ingresso e l'intervallo per la colazione dall'una alle due, con il capo ora detto direttore che sorveglia e sprona e le pratiche, le cui "evasioni" rappresentano il prodotto, o le auto, detersivi, cassonetti, libri, cavolfiori.
Qua niente è stabilito e tutto va scelto e deciso.
In base a quale principio? la audience, naturalmente, in termini di riscontro sociale, di success0. La nostra è un'impresa democratica.
E non è nemmeno una confraternita, che si prende cura dei confratelli per la loro ascesi morale, il loro perfezionamento umano, il loro sostentamento spirituale e materiale; una comunità le cui realizzazioni esterne in beni e servizi servano solo alla promozione del gruppo degli eletti o al recupero dei reietti, seppur solo nelle forme provvisorie di un ritiro spirituale o di uno stage di psicanalisi di gruppo. E' vero che in questo nuovo Medio Evo il dissolvimento delle istituzioni pubbliche prelude ad una grande ripresa dell'associazione, ma questo non sarà un nuovo monachesimo; l'isolamento e il romitaggio di gruppo non sono concepibili, ora che la realtà dei traffici umani ci assale da tutte le parti e le nostre menti sono attraversate dai media.
Potrà sembrare strano ed ingenuo, potrà far sorridere i colti, abituati a trattare ben altri argomenti a demani dalla mente, ma noi vogliamo promuovere il Potame Busento! semplice, concettualmente, di una banalità lapalissiana? vorrei dire subito una cosa che andrebbe detta alla fine, o nel mezzo: che la mancanza di grandiosità nei valori del territorio rende il compito più gradevole. Se si parte da zero anche il solo arrivare ad uno potrà essere considerato un successo. Cercate, invece, di promuovere Firenze, dove si parte da mille! pazzesco.
In realtà si tratta di un'impresa impossible, di un'arditezza di pensiero paragonabile a quella di far diventare la Groenlandia, o la Svizzera, il crocevia mondiale dei traffici di monete. I nostri intellettuali hanno il vecchio vizio di pensare che solo la Ragione sia pura e che il confronto con le cose sia soltanto un limite da superare, molto Hegelianamente; come se le donne non fossero altro che uno strumento escogitato dalla natura per distinguere la mascolinità.
Al mondo di oggi promuovere qualcosa è una follia; cercare di farlo puntando sul dato naturalistico, quello che c'è, i valori intrinsechi è un'idiozia. Se Venezia esce fuori dal giro dell'immaginario collettivo universale, affonda nella laguna e muore. Esattamente quello che sta succedendo: Figuriamoci il Potame Busento! Facciamo conoscere i nostri cetriolini, propaghiamo le nostre virtù dei nostri pastori, la castità delle nostre torbide fanciulle. E chi viene a vedere? ce ne sono miliardi, di astrazioni consimili.
E poi chi lo ha detto che il nostro compito sia quello di attirare alla bottega per convincere il cliente a comperare? Ragazzi, la nostra bottega è il mondo!
Sarebbe come se noi volessimo tirare la gente sulla nostra zattera, che rischia di affondare anche solo per il nostro peso. Noi stiamo benissimo così, con le nostre 14.000 anime, i nostri boschi mediamente inquinati dalle buste di plastica, i nostri monti già abbastanza inquinati dai turisti domenicali.
Benissimo ... certamente meglio che se fossimo invasi da giapponesi frigidi, americani più larghi dei nostri vicoli, mafiosi siculi attirati dall'odore del denaro fresco, lombardi smaniosi di affari.
Direi piuttosto che debba essere quello di rendere le nostre comunità autosufficienti, sia nel senso di unire le forze per produrre tutto quanto è necesario per i consumi interni, senza stare a comperare i cetriolini della Val d'Aosta o i pomodorini della Val Venosta, sia nel senso di vivere il mondo esterno in maniera organica e non solo attraverso il buco della serratura del televisore di casa o dei racconti dei forestieri in visita turistica. E se noi siamo nel mondo questo verrà da noi, anzi sarà di casa qui. Non si conquistano le donne, o gli uomini, andandogli appresso ma essendo la nostra presenza così significativa da essere indispensabile.
Poiché vivere fuori dal mondo è inconcepibile e vivere stando dietro al mondo significa scomparire come entità culturale, trascurati, che dico, ignorati persino da Quark Speciale, è necessario esprimere un modello di vita per il mondo.
Kantianamente bisogna fare dei principi della nostra azione una regola universale. Come dice un filosofo del nostro tempo, se non pensi di avere ragione, cosa parli a fare? e se non pensi in dimensione cosmica, hai pure l'ardire di credere di pensare? Fare del Potame Busento un modello antropologico è questa l'unica possibilità che ci resta. E scusateci se è poco.
Sembra impossibile, un onirismo paranoico, unesaltazione da ecstasy; par d'essere sulle rive del Giordano qualche secolo fa. Eppure non avviene anche a noi, individui, persi nel mare magnum della lultitudine, diventare modelli, qualche volta, se lo vogliamo? A volte anche se non lo vogliamo, purtroppo ...
e perché ciò che è concesso a un single non potrebbe esserlo a una comunità? Ma i luoghi sono veramente belli? La gente davvero eccezionale? si obietterà saggiamente da alcuni, soprattutto coloro che preferiscono le spaigge marine piene di gente di plastica e di rifiuti submani ... Occorre rispondere ad obiezioni così banali? Chi al mondo non sa che il naturale non è mai eccezionale e che solo la mente è originale? Quark Speciale è la fiera delle banalità. Se la Grecia non avesse prodotto la filosofia, se ne parlerebbe appena in qualche museo di arte.