lunedì 24 maggio 2010

l'accidente controllato

In quanto saggista e non romanziere, qual e' la parte della documentazione nella preparazione del suo lavoro?

Non e' il lavoro di erudizione quello che mi piace: Non amo le biblioteche. Ci leggo anche molto male. E' l'eccitazione provocata dal contatto immediato e fenomenologico con il testo tutore. Non cerco quindi di costruirmi una biblioteca preliminare. Mi contento di leggere il testo in questione, e in maniera abbastanza feticistica: annotando certi passi, certi momenti, meglio certe parole che hanno il potere di esaltarmi. Via via trascrivo sulle mie schede sia delle citazioni, sia delle idee mie, e questo, curiosamente gia' in un rito di frase, in maniera che, sin da questo momento, le cose prendono gia' un ritmo di scrittura. Dopodiche' una seconda lettura non e' indispensabile. Posso di converso riconsolidare una certa bibliografia, giacche' ormai mi trovo immerso in una sorta di stato maniacale. Tutto quello che leggero', so che lo ricondurro' inevitabilmente al mio lavoro. Il solo problema e' di evitare che le mie letture di svago vengano a interferire con quelle che destino alla scrittura (...)

E quegli accostamenti inaspettati che sono la sua specialita', come li ottiene? Fa un piano prima di cominciare a scrivere?

Le corrispondenze non sono una questione di scrittura, ma di analisi del testo. Ci sono persone che hanno il riflesso strutturale e vedono le cose in termini di opposizioni. Altre non l'hanno. Tutto qui.
Quanto all'istituzione del piano, riconosco di essermici conformato in un certo periodo, agli inizi della semiologia. Dopo di allora c'e' stato tutto il movimento di messa in discussione della dissertazione. Anche la mia esperienza universitaria mi ha fatto vedere le costrizioni molto oppressive, per non dire repressive, che il mito del piano e dello sviluppo sillogistico e aristotelico fa pesare sugli studenti ... Insomma ho optato per un ritaglio aleatorio (quello che chiamo il "quadretto"). Il mio intento e' togliere alla costruzione della dissertazione, all'angoscia del lettore, e rinforzare la parte critica della scrittura facendo vacillare la nozione stessa di "soggetto" di un libro. Ma attenzione, se, sempre piu', tendo a produrre i miei testi a frammenti, non per questo ho rinunciato ad ogni costruzione.

Quando si sostituisce il caso alla logica, bisogna vigilare perche' questo, a sua volta, non diventi meccanico. Personalmente procedo secondo un metodo che chiamerei ispirandomi a certe definizioni dello zen, "l'accidente controllato".

Per esempio nella secodna parte dedicata a Sade, di "Sade, Fourier, Loyola" il caso interviene solo attraverso un primo gesto di costruzione, che e' consistito nel dare un titolo a ogni frammento. Nel "Piacere del testo", questi sono scelti secondo le lettere dell'alfabeto. Ogni libro in sostanza esige la ricerca di una forma appropriata.